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Perché è importante
#IoStoConGiorgiaCingolani è una petizione rivolta alla Federazione Italiana Vela perché si parla di una giovane velista 15 enne molto promettente per la Vela Italiana, già Campionessa Mondiale per la classe Laser 4.7 U16 a luglio 2017, dopo soli 3 mesi dal cambio classe. Giovane atleta animata da grande Passione e Talento. Atleta di punta per 2 anni di uno dei circoli più blasonati d’Italia, la Fraglia Vela Riva, Circolo dal quale nell’agosto del 2016 decide di andar via per l’ambiente non più sereno dove continuare a crescere come atleta e come persona. Sua sorella Carlotta di 8 anni invece rimane in Fraglia ma immediatamente diviene vittima incolpevole ed oggetto di atti di bullismo e di isolamento, per vendetta alla sorella che aveva voluto cambiare circolo, vessata in ogni modo. Giorgia e’ stata fatta oggetto di fischi ogni volta che saliva sul podio dai suoi ex compagni di circolo, cosa più grave è che il Presidente del suo ex Circolo si è adoperato per cercare di ostacolare il suo tesseramento Fiv presso il nuovo Circolo sempre dell’Alto Garda. Per non far mancare nulla, durante l'Udienza innanzi al Tribunale Federale in discussione, l'Avvocato difensore del Circolo Fraglia Vela Riva accusa in modo denigrante e vergognoso Giorgia, che a suo dire sarebbe dedita all'alcol con la complicità della Madre, con l’aggravante che tali mendaci accuse sono state rivolte ad un soggetto minore di età e alla presenza di persone di tale importanza come: l Giudici Federale e il Procuratore Federale.

Si lancia questa petizione per mettere in luce fatti gravi in una società evoluta e che non ammette atti di violenza minorile e bullismo da parte società sportive e per pretendere una dovuta presa di posizione della Federazione stessa in difesa della sua tesserata Giorgia Cingolani

[Fonte / Web: https://secure.avaaz.org/it/petition/Federazione_Italiana_Vela_IoStoConGiorgiaCingolani_1/ ]

La fuoriclasse parla dell'anno appena trascorso ("Mi ha emozionato regalandomi il titolo di campionessa del mondo") ma affrontando anche un tema di attualità molto delicato"

ROMA - "Il 2017 mi ha emozionato regalandomi il titolo di campionessa del mondo. Dalla delusione e rabbia per il mancato podio di Rio, la gente non mi ha più mollato fino a Budapest 2017. Ho percepito un calore incredibile. Ho trovato l'oro che mi mancava. E ora sono serena". Federica Pellegrini rivive ai microfoni di Sky le emozioni dell'anno appena terminato. "Volevo che fosse proprio così il mio ultimo ricordo nel nuoto, da vincitrice. Non capita a tutti gli atleti questa fortuna. Un esempio più vicino a me è Gigi Buffon. Poi ho deciso di continuare fino a Tokyo 2020 Voglio levarmi qualche sfizio. Vado sui 100 stile, ho sempre avuto il pallino della velocità".

Pellegrini poi è passata ad un tema di attualità, affrontando quello delle molestie: "Si, ci sono anche nel nuoto. Non diventano casi eclatanti perché non riguardano atlete famose". Alle adolescenti, la campionessa ha consigliato di "denunciare subito ogni episodio" e poi ha fatto loro un appello: "Non mandate foto in giro perché non serve a niente. Il vero amore lo troverete tra 20 anni e di sicuro non vi sceglierà per una foto ignuda. Per favore, smettete questo circolo vizioso".

[Fonte / Web: http://www.repubblica.it/sport/vari/2018/01/01/news/pellegrini_obbiettivi-185622291/ ]

Allontanati da genitori violenti, disadattati o criminali alla maggiore età vengono abbandonati al loro destino

(di Giacomo Galeazzi)

La maggiore età è una mannaia sul sussidio. Da 70 a zero euro. «Per i 28mila ragazzi allontanati dalle famiglie d’origine, compiere 18 anni significa perdere ogni tutela: niente più assistenza, né vitto né alloggio – afferma Antonio Marziale, Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Calabria -. Sono privi di mezzi di sostentamento eppure formalmente adulti. Appena diventano maggiorenni non hanno più la sicurezza di un tetto e di un piatto a tavola. Perdono tutto». Per ciascun minore lo Stato paga in media 70 euro al giorno alle case famiglia e 130 euro alle comunità educative.

«A 18 anni si ritrovano soli, abbandonati al loro destino », racconta Cesare Romano, Garante della Campania che ha riunito al Centro direzionale di Napoli una delegazione di di neo-maggiorenni rimasti senza tutele e, con l’assistente sociale Carmela Grimaldi, gira in lungo e in largo la regione per promuovere i «gruppi appartamento» dove seguire e rendere autonomo con un contributo chi sta per diventare maggiorenne. Dietro il ghigno e i tatuaggi Valerio Anaclerio nasconde una sofferenza che gli fanno pesare come macigni i suoi pochi anni. «Al 18° compleanno sulla torta c’erano preoccupazioni invece di candeline», sorride. Finito in una casa famiglia ad Atripalda per un motorino rubato, dopo la morte della mamma non vuole tornare a Pozzuoli («non c’entro più niente lì»). La maggiore età come una disgrazia: «Senso di vuoto, precarietà, nessuna certezza».

Accanto a lui Ahmed Sahane annuisce. «Io 18 anni li compio ad agosto», dice con un filo di voce prima di ripercorrere la sua Via Crucis che inizia con la fuga dalla Somalia, lo scampato reclutamento da parte dell’Isis, le violenze degli scafisti e il fallito reinserimento nella famiglia dello zio in Svizzera. «Sogno di diventare cuoco»,conclude. Solo un giovane su tre rientra in famiglia dopo essere stato allontanato. E una famiglia di origine su tre è povera. I minori fuori dal nucleo di origine sono 28.449, divisi a metà tra famiglie affidatarie (14.194) e comunità residenziali (14.255). Patrizia Saraceno è la vicepresidente del Ceis, il Centro di solidarietà fondato a Roma da don Mario Picchi: all’Eur, nelle palazzine di via Ambrosini, si occupa dei gruppi di minorenni dagli 8 ai 18 anni. In Italia il 60% degli affidamenti si protrae per oltre 2 anni e il 31,7% supera i 4 anni.

«Arrivano da noi ragazzi italiani e di altre nazionalità – spiega Saraceno -. Alcuni escono dai centri di accoglienza, altri ce li portano i carabinieri che li trovano per strada o sono mandati qui dai tribunali dei minori per graviproblemi familiari. Vivono la comunità come una seconda casa, condividono difficoltà e mansioni interne». Perciò, aggiunge, «non scopriamo il giorno prima che stanno per compiere 18 anni e prevediamo un percorso per ciascuno neo-maggiorenne: raggiunta la maggiore età, li teniamo anche se non riceviamo più fondi». Laddove non intervengano strutture non profit, i neo-18enni fuori dalla famiglia si ritrovano senza alcun sostegno.

«Chi si occupa di loro, lo fa a proprie spese, non ha alcun sussidio pubblico, come don Giacomo Panizza alla comunità Progetto Sud di Lamezia Terme – sottolinea Marziale -.In questa condizione di abbandono, molti ragazzi per sopravvivere diventano manovalanza per i clan criminali, per il caporalato o finiscono nei circuiti della prostituzione. Far uscire dal Welfare statale i neo 18enni significa consegnarli al business dell’illegalità». Alla base c’è «un vuoto legislativo», denuncia Marziale: «Quando un ragazzo diventa maggiorenne, le strutture di accoglienza devono mantenerlo con i loro mezzi quindi non sono in condizione nè hanno interesse a tenerlo ancora».

Oggi, precisa, «ci sono molte richieste per aprire case famiglie destinate ai minori, mentre nessuno si interessa ai neo-maggiorenni che vengono espulsi dal circuito dell’accoglienza come merce scaduta: si guadagna coi minori, non con i 18enni». A Reggio Emilia, nei comuni della Val d’Enza, si sono organizzati per fronteggiare il disagio. «Continuiamo a seguirli per dare compimento ai progetti individuali dei neo – maggiorenni – racconta Federica Anghinolfi, responsabile del servizio sociale integrato -. Il tribunale per i minori può richiedere che i servizi sociali proseguano nel loro impegno. Inoltre i genitori sono obbligati, anche se decaduti dalla responsabilità familiare, ad ottemperare al mantenimento dei figli, ma ciò non succede mai malgrado sia un reato perseguibile penalmente». Soprattutto nel Mezzogiorno è un’emergenza. «Dove vado senza lavoro?»,chiede Youssouf Kone. 18 anni li ha compiuti a novembre ma per ora resta a Casa Vanni, a Marano, nella periferia di Napoli, come «mediatore culturale volontario».

Lavora in nero come fruttivendolo e manda 90 euro a trimestre alla sua famiglia in Costa d’Avorio («mio fratello è morto in un incidente»). Con 13 anni di vita in comunità Christian Mustafa, di etnia Sinti, ascolta Youssouf come la traccia di una biografia condivisa. «Possibilità ce ne sono poche, è davvero dura»,sospira. Sanno bene quanto sia difficile trovare una strada per mantenersi fuori dalla comunità Rosario Giovanni Pepe e Antonella Tomasetta che da più di vent’anni in provincia di Avellino accolgono in casa minori tolti dai servizi sociali a famiglie disastrate o mandati da loro in prova dai tribunali minorili per evitare il processo. «Vengono eliminati dal sistema degli aiuti pubblici senza che siano pronti a camminare con le proprie gambe», osserva Pepe che poi descrive il «Far West delle rette negoziate con i sindaci per l’accoglienza di ciascun minore».

Nessuna progettazione, concordano i garanti. Contro la «corsa al ribasso delle rette per accaparrarsi fette di mercato» in Campania Romano ha riunito enti locali e comunità per fissare regole e tariffe, mentre in Calabria Marziale, monitorando come vengono accolti i minori, ha scoperto che molti, soprattutto stranieri fuggono dalle strutture. «E’ un esercito invisibile di cui non si sa più nulla: è appena venuta da me la responsabile di tre ragazzi che non si trovano più – accusa. – L’assistenza è resa confusa e burocratizzata tra livello statale, regionale e comunale, intanto esce dai radar una gioventù lasciata a sè stessa. Sono ragazzi che hanno alle spalle situazioni terribili e non possono tornare indietro. A 18 anni lo Stato non versa più un euro per loro. Abbandonarli significa perderli, far finta di niente è orrendo».

[Fonte / Web: http://www.lastampa.it/2017/07/31/italia/cronache/ragazzi-senza-famiglia-i-anni-sono-un-incubo-perdiamo-casa-e-vitto-r3aNaopIO3RRMRMzGUQ90K/pagina.html ]

 

Il fenomeno riguarda 3 ragazzi su 10, i tentativi di togliersi la vita sono messaggi alla scuola

Roma, 12 dic. (AdnKronos Salute) - Roma, Napoli, Cefalù: ragazzi che si tolgono la vita o tentano di farlo a scuola. "Da ottobre ad oggi già tre casi che fanno riflettere, perché quando si arriva a un gesto dimostrativo in classe, è implicito il messaggio alla scuola stessa che in primo luogo dovrebbe tutelare i ragazzi. E' il forte dolore che si prova, non essendo stati ascoltati, quel che si vuole mostrare con un atto così estremo". A affermarlo all'AdnKronos è la psicoterapeuta Maura Manca, presidente dell'Osservatorio nazionale adolescenza, parlando dell'ultimo caso di un ragazzino che ha minacciato di darsi fuoco davanti ai compagni a Cefalù, nel Palermitano. Secondo gli investigatori, il 12enne sarebbe vittima di bullismo.

"Di bullismo parliamo quando i casi diventano cronaca. Ancora oggi si tende a sottovalutare un fenomeno che necessita di prevenzione seria dal momento che si registrano casi già alle materne", sottolinea Manca ricordando alcuni "allarmanti" dati di uno studio dell'Osservatorio, secondo cui 3 ragazzi su 10 sono vittime di bullismo . Il 46% ha pensato almeno una volta al suicidio e il 32% di conseguenza ha messo in atto condotte autolesive. Il 75% dopo le prevaricazioni dei coetanei sviluppa forme di depressione.

"Il gesto estremo è solo un fortissimo grido d'aiuto al culmine magari di anni di aggressioni e offese subite", dice la psicoterapeuta, evidenziando che i comportamenti dei bulli "ancora oggi vengono scambiati per bambinate, bravate".

Secondo l'esperta, quel che è necessario dunque "è cambiare l'approccio" nel modo di comunicare ai ragazzi, nel modo di affrontare la questione "fornendo strumenti là dove non ci sono". D'altronde, chiede, "come fanno i ragazzi a denunciare il bullismo se loro stessi non lo sanno riconoscere?". Non bastano le leggi che ci sono, "perché quando si arriva a sanzionare un comportamento grave vuol dire che c'è stato un fallimento precedente", incalza Manca a giudizio della quale "si deve intervenire in maniera più specifica e più efficace": dal punto di vista preventivo "si fanno incontri teorici, ma poco pratici, rischiando di non arrivare mai al fulcro della questione".

"Se certi modi di relazionarsi con i coetanei non vengono corretti da piccoli, quegli stessi comportamenti rischiano diventare normalità in adolescenza", osserva la psicoterapeuta ribadendo che la prevenzione deve partire dall'infanzia.

"Il corpo docente deve esse obbligatoriamente formato; deve anche essere valutata la qualità dei formatori; bisogna studiare i singoli casi e lavorare fin dalle scuole materne". Questa la 'ricetta' della presidente dell'Osservatorio adolescenza per evitare che "la maggior parte degli episodi di bullismo, come succede oggi, non vengano riconosciuti né dai genitori, né dal corpo docente, né dai ragazzi stessi".

[Fonte Web / La Sicilia: http://www.lasicilia.it/news/salute/126896/bullismo-osservatorio-adolescenza-meta-vittime-ha-pensato-al-suicidio.html#.Wj56BLgMTy8.facebook ]

Meno di un anno fa , con la voglia di non far morire il ricordo di mio figlio David e di dare voce a tutte quelle persone che sono state vittime , nel silenzio e nella solitudine di bullismo o criminalità minorile , abbiamo fondato questa Associazione. Oggi 500 " mi piace" ; un traguardo inaspettato raggiunto grazie a tutto lo staff : determinato, intraprendente e motivato . Lungo questo percorso ho conosciuto ragazzi meravigliosi profondamente feriti , genitori coraggiosi colpiti a volte inesorabilmente e persone ed Associazioni determinate a collaborare insieme per contrastare il bullismo e non solamente con la prevenzione ma con testimonianze e proposte concrete . Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno dato il loro contributo e collaborazione a questa causa .
--- Paola

Nostra pagina facebook: http://www.facebook.com/associazionedavidegolia/

L'Associazione David e Golia vuole augurarvi un Sereno e lieto Natale e Buone Feste.
Con l'occasione, vi ricordiamo che i nostri Sportelli d'Ascolto riapriranno da Venerdì 12 Gennaio.

Buone Feste a tutti voi!

 

Ciao io sono Aldo Naro!
Piacere di conoscervi,
Sono un Medico Chirurgo laureato con 110 e lode e abilitato alla professione.
Nel giorno del mio ventottesimo compleanno volevo raccontarvi un po' la storia della mia vita, della mia breve vita.. si perché 2 anni e 6 mesi fa andai a ballare con amici, la mia ragazza e colleghi di università.. quasi a fine serata 15 persone mi hanno aggredito, pestato a morte, sotto gli occhi di tutti.
Nessuno fece niente.
Dentro di me, quando queste persone mi calciavano, mi davano pugni, mi spezzavano le ossa e il naso io pensavo "perché nessuno fa niente?? L'unione fa la forza, aiutatemi!"
Ma tutti rimasero fermi
Si spingevano tra di loro per vedere quello che mi stavano facendo..
"Pensavo, chiamate i carabinieri, chiamate la mia famiglia"
Ma nessuno chiamò
Nessuno avvisò la mi famiglia di ciò che stava succedendo..
nessuno venne con me lungo la corsa in ospedale
Nessuno sa dove io sia morto
Nessuno disse la verità
Addirittura sentii un mio amico dire in caserma , quando io ormai ero volato in cielo: "no ma può essere che Aldo è caduto ed è inciampato sul suo piede"

L'ennesima mancanza di rispetto..
si perché questo silenzio, il dire che tutti hanno fatto il possibile per aiutarmi è una bugia

Nessuno ha fatto niente
Se non dire bugie su bugie
Perché nessuno ha il coraggio di dire "ho avuto paura, perché erano in 15 e pensavo che potessero uccidere anche me"

E più facile dire una bugia

In questo giorno chiedo a tutti voi di recarvi in chiesa, o anche semplicemente di dire una preghiera per me è tutti quelli come me che sono morti sotto gli occhi di tutti, e che sperano un giorno di avere giustizia, di sapere la vera verità! #GIUSTIZIA PER #ALDONARO #EMANUELEMORGANTI #NICCOLOCIATTI

Vi ringrazio infinitamente anche per la sola lettura.
#CONDIVIDI PER FAR LEGGERE E CONOSCERE LA MIA BREVE VITA.
#CONDIVIDI PERCHÉ UNITI POSSIAMO SCONFIGGERE QUESTA OMERTÀ.

[Fonte: Facebook / Città di Alatri / Post: https://www.facebook.com/citta.dialatri/posts/1446947822057706 ]

Gli arresti a opera dei Carabinieri di Nardò e Gallipoli su ordine del Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale dei Minori. Tra i reati contestati anche la rapina e l'estorsione.

Venti minuti di violenze e umiliazioni, fisiche e psicologiche. Un tempo interminabile per un 15enne finito nelle mani di due bulli che lo hanno richiuso in un bagno, picchiato e costretto a masturbarsi mentre immortalavano la scena con il telefonino. Un video che, senza scrupoli, hanno diffuso su WhatsApp, che ha fatto il giro dei ragazzi diventando “virale” come se fosse un tormentone. È questo che rende l’episodio accaduto a Nardò ancor più triste: nessuno ha parlato, nessuno ha denunciato. Si sono limitati a guardare cosa accadeva tra le mura di un bagno pubblico, nel cuore del centro storico. I due aguzzini ora dovranno rispondere di sequestro di persona, rapina, tentata estorsione, violenza sessuale e pornografia minorile. Accuse ancor più pesanti se contestate ad un 15enne che insieme ad un 17enne ha messo in pratica un piano che ha dell’agghiacciante.

Difficile descrivere la violenza che si è consumata all’interno del bagno pubblico, come è impossibile capire cosa possa aver provato lo studente in quei drammatici istanti. Lui, non ha avuto la forza di raccontare l’incubo che era stato costretto a vivere, ma fortunatamente è venuto a galla quando il video ha iniziato a girare.

La ricostruzione dell’accaduto

Per capire come si sono svolti i fatti bisogna tornare alla mattina del 21 novembre. Il 15enne si trovava a pochi passi dalla fermata dell’autobus. Doveva andare a scuola quando è stato avvicinato dai due adolescenti che lo hanno invitato a seguirli, prima con modi apparentemente garbati, poi con la forza. Si conoscevano soltanto di vista, ma nulla in più che possa spiegare perché lo abbiano preso di mira. Raggiunto un bagno pubblico lo hanno costretto ad entrare a suon di calci. A questo punto, il 15enne lo ha obbligato a sfilarsi un giubbotto di colore nero e le scarpe da ginnastica di marca e gli ha ceduto le sue, forse per non destare sospetti quando sarebbe tornato a casa.

Il peggio doveva ancora venire, il “gioco” prosegue toccando livelli impensabili. La vittima è stata costretta ad abbassarsi i pantaloni e a masturbarsi, mentre il 15enne ha ripreso tutto con il telefonino posizionandosi sul muro che divide le due toilette. Gli hanno chiesto anche di fare altro, ma hanno desistito di fronte alle suppliche della loro “preda”. La scena ripresa è stata inviata su WhatsApp, come qualcosa di cui andare fieri. Non contenti, prima di andar via, hanno chiesto al poveretto dieci euro per restituirgli gli indumenti sottratti.

Come viene scoperta la violenza

Il video passa da cellulare a cellulare, viene condiviso, forse addirittura commentato fino a quando non finisce nelle mani di qualcuno che riconosce il ragazzo e si presenta in casa dei suoi genitori. Le immagini, purtroppo, non lasciano spazio a dubbi. Nella sequenza si vede chiaramente il 15enne intimorito e costretto a compiere atti di autoerotismo mentre pronuncia frasi dettate dai suoi sequestratori. Senza perdere tempo, la mamma accompagnata dal marito bussa alla porta della Caserma per raccontare ai carabinieri della locale stazione, guidati dal maresciallo Giuseppe Serio, l’accaduto. Il resto lo hanno fatto le indagini. I militari della compagnia di Gallipoli, capitanati da Battaglia hanno cercato le immagini di video-sorveglianza installate nella zona, collezionano elementi che possano incastrare i due bulli. Le telecamere che si affacciano sulle strade limitrofe al locus commissi delicti hanno immortalato effettivamente l’ingresso e l’uscita dei tre giovani dal bagno pubblico. Uno dei due indagati indossava il giubbotto, della stessa marca e colore, di quello indossato poco prima dalla vittima.

Non solo, quando i carabinieri si sono presentati in casa dei presunti autori del gesto hanno trovato il giubbotto, ma non le scarpe. Intuendo di avere le ore contate, uno dei due ha avvicinato ancora il 15enne minacciandolo di “picchiarlo a sangue” se non avesse ritirato la denuncia. Di fronte a questo gesto, il Giudice per le Indagini preliminari ha accolto subito la richiesta del Pubblico Ministero, Imerio Tramis e i due – che vivono in un contesto familiare definito ‘delicato’ – sono stati accompagnati in una struttura per minori.

[Fonte / Lecce News 24 / Web / 6 Dicembre 2017: http://www.leccenews24.it/cronaca/arresto-minori-nardo-violenza-sessuale.htm ]

 

Cinquanta casi dall’inizio dell’anno scolastico a oggi. Il bullismo è un problema reale e attualissimo. Ne sanno qualcosa allo sportello di ascolto istituzionale del Garante dell’infanzia e adolescenza, operativo a Latina dal 2012. Numeri impressionanti, ma protagonisti soprattutto: i primi episodi di bullismo si hanno già tra gli 8 e 9 anni. Sembra incredibile, ma non lo è: «Anche i bambini delle elementari possiedono uno smartphone e questo li proietta in un modo parallelo in cui pensano di poter fare tutto» – spiega Monica Sansoni.
L’età in cui, in provincia di Latina, il problema è più evidente è quello delle scuole medie e superiori : «In questa fascia di età, i ragazzi pensano di poter fare tutto. In alcune scuole in cui siamo stati chiamati per affrontare il problema gli studenti ci hanno detto che per la privacy i genitori non possono controllare i telefoni. Non è vero». Il fenomeno? Più le bulle che i bulli: «Abbiamo intenzione di studiare questo fattore legato al sesso. Le ragazze sono più spietate».

[Fonte / Il messaggero.it / Articolo di Francesca Balestrieri: http://www.ilmessaggero.it/latina/bullismo_50_casi_dall_inizio_dell_anno_scolastico_sempre_piu_ragazze_cattive-3408278.html ]