Vai al contenuto

Ringrazio l'Associazione Find Emotions per aver ricordato anche quest'anno David e di avermi dato l'occasione di far conoscere l'Associazione David e Golia che si occuperà di prevenzione al bullismo. David era un grande sportivo, amava e riusciva in tutti gli sport. Sicuramente si sarebbe rispecchiato in questo evento. Fa onore all'Associazione Find Emotions, portare tante persone insieme, unite da un sano spirito sportivo e di divertimento. Complimenti per l'impegno e per l'entusiasmo. Grazie di cuore Paola

(24 Luglio 2017)

--- Paola Borghesan

(@Instragram: https://www.instagram.com/p/BWmk-qYgYQW/ )

emapesciolinorosso Ieri è stata una splendida giornata per l'evento nazionale del PesciolinoRosso tenutosi a Riccione.
Nel pomeriggio abbiamo deciso di condividere alcune storie di rinascita in spiaggia dagli amici del Bagno Giulia 85.
Grazie a tutti i presenti e ai relatori che hanno partecipato:
- Don Roberto e i suoi ragazzi @donrobydon
- Prof. Marcello Riccioni
@boccacarolina
- Renato Amato
- Paola e Giovanni dell'Ass. David e Golia
- Dott. Michele Gennuso
- Ass. Butterfly

Un'onda positiva si é abbattuta ieri su Riccione e siamo sicuri non si fermerà al primo scoglio ❤
Ricorda la #rivoluzioneRAP

Si tratta di uno dei primi casi in cui una sentenza per atti di bullismo diventa definitiva. Il ragazzo, vessato per due anni, alla fine si trasferì in Piemonte. La Cassazione contro la scuola: "Insipienza di quanti dovevano controllare, ma non si accorsero di nulla"

Avevano commesso “atti persecutori” nei confronti di un loro compagno di scuola, talmente intimorito dalle botte che decise di trasferirsi dalla Campania al Piemonte. La Cassazione ha messo un punto: la loro condanna diventa definitiva. Ed è la prima volta in Italia per una causa per bullismo. I quattro ex studenti campani sono stati condannati a 10 mesi di reclusione, pena sospesa, come deciso già dai giudici minorili di Napoli. La vicenda era emersa perché il loro compagno di scuola, che aveva sempre taciuto le violenze subite, fu costretto ad andare in ospedale per le lesioni subite a un occhio dopo l’ennesimo pestaggio.

Le aggressioni e le molestie – iniziate quando i cinque ragazzi aveva iniziato a frequentare lo stesso istituto professionale nel Casertano – sono andate avanti per due anni. In un’occasione, uno dei giovani del branco filmò le violenze con il cellulare. Proprio quel video ha “corroborato solidamente” le dichiarazioni della vittima contribuendo a condannare Giuseppe Comparone, Antonio Faraone, Crescenzo Musto e Emiliano Raucci, oggi tutti maggiorenni. La Quinta sezione della Cassazione ha ribadito anche quanto già affermato dalla Corte di Appello per i minorenni di Napoli che aveva sottolineato come in qualche modo un ruolo fosse stato giocato anche dalla scuola. I giudici citano infatti “il clima di connivenza e l’insipienza di quanti, dovendo vigilare sul funzionamento dell’istituzione, non si accorsero di nulla”.

La situazione era drammatica e senza via di uscita, ricordano i giudici citando un “brano estremamente significativo della deposizione” del ragazzo, il quale “ormai succube della violenza, dopo un iniziale tentativo di ribellione” aveva raccontato di dover “accettare condotte di sopraffazione ‘per evitare altre botte'”. Per questo la Cassazione ha respinto “la tesi del carattere isolato di alcuni episodi” che “risulta del tutto priva di specifico aggancio alle risultanze processuali”. E il fatto che prima delle lesioni all’occhio il ragazzo non abbia denunciato né esistano certificati medici “è privo di decisività, alla luce dello stato di soggezione psicologica”.

[Fonte/Web immagine e articolo: https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/06/08/telefono-azzurro-30-anni-di-ascolto-guardando-il-futuro-aiutati-oltre-72mila-bambini-e-adolescenti/3644519/?utm_source=ifq&utm_campaign=pagination&utm_medium=button ]

Docenti e alunni, preparatevi. A settembre tra i banchi di scuola ci saranno tante novità. La legge sul cyberbullismo è definitivamente entrata in vigore e ognuno avrà un ruolo di responsabilità. Ma cosa ne pensano gli insegnanti? L’abbiamo chiesto all’And, Associazione nazionale docenti.

Secondo quanto previsto dalla norma i dirigenti scolastici e i docenti saranno pienamente coinvolti in un ruolo di referente e attivo attraverso la prevenzione e il contrasto del fenomeno, all’interno della scuola. Gli insegnanti, in particolare, dovranno essere un punto di riferimento e un ponte tra gli studenti e le famiglie, oggi più che mai.

La legge 71/17 “ Disposizione a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, in vigore dal 18 giungo, esattamente all’articolo 4 comma 3 sostiene che:

“OGNI ISTITUTO SCOLASTICO, NELL’AMBITO DELLA PROPRIA AUTONOMIA, INDIVIDUA FRA I DOCENTI UN REFERENTE CON IL COMPITO DI COORDINARE LE INIZIATIVE DI PREVENZIONE E DI CONTRASTO DEL CYBERBULLISMO, ANCHE AVVALENDOSI DELLA COLLABORAZIONE DELLE FORZE DI POLIZIA NONCHÉ DELLE ASSOCIAZIONI E DEI CENTRI DI AGGREGAZIONE GIOVANILE PRESENTI SUL TERRITORIO”.

Sono pronti, dunque gli insegnanti? Cosa ne pensano della legge? A rispondere è Antonietta D’Ettore (nella foto), Coordinatrice nazionale dell’ Associazione Nazionale Docenti, Settore formativo “Coesione sociale e prevenzione disagio giovanile”.

“Una legge a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del cyberbullismo non può che essere il punto di partenza per coniugare educazione alla legalità ed educazione alla cultura digitale nell’ambito scolastico, cercando di prevenire il cyberbullismo, fenomeno attuale che può avere anche conseguenze drammatiche!.

“Questa legge, in particolare, introduce, nell’ambito scolastico, la necessità di individuare un docente-referente per il cyberbullismo in ogni Istituto, al fine di attivare iniziative di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo e con attività di informazione e di formazione rivolte ai docenti, a genitori, agli alunni in collaborazione con la Polizia Postale, con le Associazioni e con i Centri di aggregazione giovanile sul territorio”.

“L’introduzione di tale figura- afferma D’Ettore- pur rappresentando per i docenti un ulteriore carico di responsabilità, rappresenta un punto cardine da cui partire per la tutela dei minori sulla rete internet”.

“Pertanto, risulta fondamentale fornire ai docenti-referenti strumenti concreti per fronteggiare quella che attualmente è diventata una necessità sociale, l’educazione alla cultura digitale, ovvero ad un uso responsabile di internet”.

“Individuato il docente-referente, tuttavia, sarà necessario formarlo in maniera che possa coordinare efficacemente tutte le iniziative di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo”.

“A tal proposito- continua la Coordinatrice- il Miur si sta muovendo concretamente in questa direzione, incaricando gli Uffici Scolastici Regionali ad organizzare corsi di formazione rivolti a tutti i docenti referenti del bullismo/ cyberbullismo, al fine di una concreta formazione circa gli aspetti educativi, psicologici, sociali e giuridici del bullismo e del cyberbullismo”.

“Infine, sarà sicuramente utile organizzare progetti, includendo soprattutto gli alunni con Bisogni Educativi Speciali, con personalità fragile o che si trovano in situazioni di svantaggio/disagio sia cognitivo che socio-affettivo, utilizzando strumenti di interazione e partecipazione”.

“Al fine di una reale prevenzione e di un concreto atto di contrasto del fenomeno del bullismo/cyberbullismo, come Associazione Nazionale Docenti, riteniamo indispensabile l’istituzione a vari livelli di tavoli tecnici-scientifici di coordinamento del fenomeno, nonché di stabilire una rete di informazione/ formazione per il personale scolastico, gli alunni, la famiglia”.

“Questa legge- spiega D’Ettore- rappresenta comunque un importante punto di partenza, ma sarà fondamentale da un lato stabilire Linee Guida da attuare nell’ambito scolastico in modo da uniformare le iniziative e le attività di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo su tutto il territorio nazionale e dall’altro creare una registro dati presso ogni Istituto scolastico per monitorare il fenomeno”.

Clicca mi piace nella pagina Facebook d’intreccio.eu

“Dal prossimo anno scolastico, dovranno dunque essere individuati i punti chiave per organizzare un’adeguata formazione su una tematica sociale così delicata e per un’ampia attività di sensibilizzazione delle famiglie in una prospettiva di comune sostegno, di informazione e di formazione, per assicurare ai ragazzi una crescita culturale in un ambiente sereno”.

“La conoscenza, l’aumento di senso critico, la possibilità di scegliere consapevolmente, e soprattutto la presenza e disponibilità degli adulti di riferimento, nell’ambito familiare e scolastico, sono sicuramente, anche in un contesto complesso come quello delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, le migliori soluzioni”.

(Fonte/Web: http://intreccio.eu/docenti-legge-cyberbullismoun-ulteriore-carico-di-responsabilita-ma-anche-un-punto-di-partenza/ )

La Camera con voto unanime ha dato il via libera definitivo alla proposta di legge contro il cyberbullismo. La legge è stata "dedicata" da Laura Boldrini a Carolina Picchio, la quattordicenne che si tolse la vita dopo un episodio gravissimo di bullismo in rete.

Bullismo telematico. Entra per la prima volta nell'ordinamento una puntuale definizione legislativa di cyberbullismo. Bullismo telematico è ogni forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identità, alterazione, manipolazione, acquisizione o trattamento illecito di dati personali realizzata per via telematica in danno di minori. Nonché la diffusione di contenuti online (anche relativi a un familiare) al preciso scopo di isolare il minore mediante un serio abuso, un attacco dannoso o la messa in ridicolo.

Oscuramento. Il minore sopra i 14 anni vittima di cyberbullismo (o anche il genitore) può chiedere al gestore del sito internet o del social media o al titolare del trattamento di oscurare, rimuovere o bloccare i contenuti diffusi in rete. Se non si provvede entro 48 ore, l'interessato può rivolgersi al Garante della privacy che interviene direttamente entro le successive 48 ore. Dalla definizione di gestore, che è il fornitore di contenuti su internet, sono comunque esclusi gli access provider, i cache provider e i motori di ricerca.

A scuola. In ogni istituto tra i professori sarà individuato un referente per le iniziative contro il cyberbullismo. Al preside spetterà informare subito le famiglie dei minori coinvolti in atti di bullismo informatico e attivare adeguate azioni educative.

(da www.Metronews.it - 17 Maggio 2017)

1. I BERSAGLI: PIÙ A RISCHIO GLI STUDENTI INTROVERSI
C’è sempre stato. «Ma il bullismo oggi è cambiato nei modi di manifestarsi», dice Anna Maria Giannini, docente di Psicologia all’Università La Sapienza di Roma che il mese scorso ha pubblicato una ricerca intervistando 1.500 studenti. «Quello che vediamo negli ultimi due anni, inoltre, è che il bullismo è sì più digitale, trovando in Internet una piattaforma privilegiata, ma è allo stesso tempo diventato sempre più violenza fisica», aggiunge Luca Bernardo, primario e ideatore del Centro nazionale antibullismo del Fatebenefratelli di Milano. La dinamica non cambia. «Il bersaglio viene individuato tra gli studenti introversi, che fanno poco gruppo e in generale per qualche caratteristica che lo rende “debole” agli occhi dei violenti», spiega Giannini. Partono le aggressioni verbali e fisiche. E la vittima come reagisce? «Cambia, in negativo, il suo rendimento scolastico — continua Bernardo —, si isola anche dentro casa, peggiora le sue abitudini igieniche e si auto-produce stati di malessere che non sono confermati dagli esami medici».

2. LA PROTEZIONE: ALLARGARE LA CERCHIA DI AMICI
Secondo le statistiche più recenti quasi il 48% di adolescenti segnala atti di bullismo, con frequenza quotidiana, negli ambienti scolastici», calcola Luca Bernardo. Come attenuare le conseguenze? «Un modo potrebbe essere quello di non trovarsi da soli durante l’intervallo, nei corridoi e in generale negli spazi comuni. Se nell’edificio esistono più scale si dovrebbero evitare quelle dove di solito sosta il gruppo di bulli. L’obiettivo di questi accorgimenti è quello di evitare quelle situazioni di contatto ravvicinato». E se questo non si rivelasse sufficiente? «Bisogna senza ombra di dubbio creare una vera e propria “cintura di sicurezza” fatta dai compagni di classe, dagli amici e in generale dai coetanei». «La vittima deve cercare di creare rapporti più stretti con chi si trova nel suo stesso ambiente perché quelli diventeranno un elemento di protezione, che scoraggia i violenti e allo stesso tempo fa uscire dall’isolamento. In questo modo diventano bersagli meno facili», suggerisce la docente-psicologa.

3. I SENTIMENTI: IL RISCHIO DI PERDERE L'AUTOSTIMA
«La vittima prova vergogna per quello che gli hanno fatto e arriva persino a colpevolizzarsi per non essere stata in grado aver risposto all’atto violento», dice il primario. «Arriva quasi a pensare di esserselo meritato, perde ogni autostima». Non solo. «Perché l’adolescente preso di mira pensa che parlandone o denunciando mostri tutta la sua debolezza», ragiona Giannini. «C’è, poi, il timore delle ritorsioni». Il fenomeno sembra essere una questione di genere: cinque bulli su sei sono maschi. Ma quale sarebbe il primo passo per uscire da una situazione di difficoltà? «La “riscossa” può iniziare soltanto se la stessa persona presa di mira si rende conto del fatto che non ha alcuna responsabilità nell’essere stato scelto come obiettivo», suggerisce la docente-psicologa. «Deve convincersi che è soltanto colpa dei coetanei violenti — e non sua — se viene offeso o picchiato, se la sua vita all’interno dell’ambiente scolastico e di conseguenza anche fuori aula è diventa un inferno. Fino a quando si ritiene “responsabile” non inizierà mai a reagire».

4. CONFIDARSI CON UN COETANEO DI FIDUCIA
Dopo la presa di coscienza c’è soltanto un passo da fare: «Parlare, denunciare, in tempi immediati, senza aspettare sperando che la situazione magari migliori perché non sarà così», continua Giannini. «Più l’azione di violenza — verbale, fisica o tutte e due insieme — si ripete nel tempo, più è difficile uscirne». Ma rivolgersi a chi? Qui, secondo gli esperti, andrebbe fatta una distinzione. Perché se gli adulti sono la soluzione preferita, «molto dipende dalla gravità del gesto compiuto», sottolinea la psicologa. Per esempio: «Se l’adolescente è stato vittima di un gesto grave si deve rivolgere subito a un genitore o a un insegnante». Ma in presenza di un comportamento ritenuto non grave, «allora confidarsi con un coetaneo potrebbe essere utile». Certo, è la precisazione, «deve essere un’amica o un amico di cui ci si fida, che sia anche in grado di dare un sostegno psicologico e che, allo stesso tempo, sia anche fuori dalle dinamiche relazionali all’interno della scuola, perché non deve diventare a sua volta un obiettivo dei bulli».

5. DOCENTI E GENITORI: AVVERTIRE SUBITO UN ADULTO
La dinamica del bullismo è particolare: chi non è vittima tende a stare alla larga, a farsi gli affari suoi o addirittura a mostrare segni di approvazione per gli atti di violenza perché teme di diventare a sua volta un obiettivo», dice Giannini. «Scatta quasi un meccanismo di identificazione nelle persone violenti». Il primario Bernardo distingue le parti non coinvolte direttamente in spettatori «attivi» e «passivi»: «I primi arrivano addirittura a incitare i bulli, i secondi guardano e non reagiscono, fanno finta di nulla». In generale, sostiene il medico, «servirebbe un’intensa attività di formazione per i ragazzi, ma anche per gli insegnanti». Per spiegare loro i sintomi che mostrano le vittime di bullismo e dire che chi tace si rende complice. «Certo, l’adolescente ha paura di parlare perché non vuole essere etichettata come “spia” dai compagni», prosegue Giannini. Allora una soluzione potrebbe essere quella di andare a parlare con un adulto, ma chiedendo ai professori o ai genitori di far scattare quei meccanismi che tutelano l’identità della “fonte”».

6. BULLISMO IN RETE. AVVERTIRE LA POLIZIA POSTALE
Dal 2015 al 2016 gli atti di cyberbullismo sono aumentati dell’8%, rivela Bernardo. «Nei primi due mesi di quest’anno abbiamo registrato un ulteriore +1,5%». Come identificare il fenomeno nel momento in cui il linguaggio sul web è pieno di volgarità? «Siamo in presenza di cyberbullismo quando gli insulti, inviati via social o via telefonino, hanno come bersaglio la stessa persona e sono ripetuti», dice Giannini. «Rientrano nella categoria anche il furto di identità e la pubblicazione di cose non autorizzate dalla vittima». Come reagire? Intanto segnalando i post che superano il limite direttamente ai gestori delle piattaforme. Poi, anche in questo caso, raccontandolo agli adulti e denunciando la cosa alla Polizia postale subito, prima che il materiale non sia più controllabile passando di smartphone in smartphone, di profilo in profilo. «La prospettiva è cambiata», dice il dottor Bernardo: «Oggi il bullo picchia perché sa che può raccontarlo pubblicando scatti e filmati in Rete e nelle app di messaggistica istantanea».

(Dal CORRIERE DELLA SERA - del 14 Marzo 2017)