Si tratta di uno dei primi casi in cui una sentenza per atti di bullismo diventa definitiva. Il ragazzo, vessato per due anni, alla fine si trasferì in Piemonte. La Cassazione contro la scuola: "Insipienza di quanti dovevano controllare, ma non si accorsero di nulla"
Avevano commesso “atti persecutori” nei confronti di un loro compagno di scuola, talmente intimorito dalle botte che decise di trasferirsi dalla Campania al Piemonte. La Cassazione ha messo un punto: la loro condanna diventa definitiva. Ed è la prima volta in Italia per una causa per bullismo. I quattro ex studenti campani sono stati condannati a 10 mesi di reclusione, pena sospesa, come deciso già dai giudici minorili di Napoli. La vicenda era emersa perché il loro compagno di scuola, che aveva sempre taciuto le violenze subite, fu costretto ad andare in ospedale per le lesioni subite a un occhio dopo l’ennesimo pestaggio.
Le aggressioni e le molestie – iniziate quando i cinque ragazzi aveva iniziato a frequentare lo stesso istituto professionale nel Casertano – sono andate avanti per due anni. In un’occasione, uno dei giovani del branco filmò le violenze con il cellulare. Proprio quel video ha “corroborato solidamente” le dichiarazioni della vittima contribuendo a condannare Giuseppe Comparone, Antonio Faraone, Crescenzo Musto e Emiliano Raucci, oggi tutti maggiorenni. La Quinta sezione della Cassazione ha ribadito anche quanto già affermato dalla Corte di Appello per i minorenni di Napoli che aveva sottolineato come in qualche modo un ruolo fosse stato giocato anche dalla scuola. I giudici citano infatti “il clima di connivenza e l’insipienza di quanti, dovendo vigilare sul funzionamento dell’istituzione, non si accorsero di nulla”.
La situazione era drammatica e senza via di uscita, ricordano i giudici citando un “brano estremamente significativo della deposizione” del ragazzo, il quale “ormai succube della violenza, dopo un iniziale tentativo di ribellione” aveva raccontato di dover “accettare condotte di sopraffazione ‘per evitare altre botte'”. Per questo la Cassazione ha respinto “la tesi del carattere isolato di alcuni episodi” che “risulta del tutto priva di specifico aggancio alle risultanze processuali”. E il fatto che prima delle lesioni all’occhio il ragazzo non abbia denunciato né esistano certificati medici “è privo di decisività, alla luce dello stato di soggezione psicologica”.
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